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I Pozzi ENI

Perchè e' importante per il Rischio

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Lo scorso 28 febbraio 2013 l’Eni, con una lettera inviata al ministero dello Sviluppo economico, ha di fatto sbloccato le grandi manovre legate agli stoccaggi italiani.
Infatti, la missiva – contenente una proposta di aggiornamento del piano nazionale per la realizzazione di una nuova capacità di stoccaggio sotterraneo di gas – ha sortito l’effetto sperato: l’approvazione di un apposito decreto ministeriale datato 5 aprile 2013. In questo modo, l’ex-ministro Corrado Passera – dopo aver decretato a metà febbraio la liberalizzazione del mercato del gas italiano – autorizza, con tanto di timing, lo stoccaggio di ulteriori 4.038 milioni di metri cubi, che vanno ad aggiungersi all’attuale capacità di 15.890 milioni di metri cubi dai dieci impianti in esercizio, come riportato sul sito dell’Unmig (Ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi e le georisorse).

Il prospetto allegato al decreto ministeriale del 5 aprile 2013 è molto chiaro. Elenca i nuovi progetti, la portata degli investimenti, gli interventi e gli ampliamenti da attuare nelle concessioni di stoccaggio vigenti da qui al 2015, anno in cui dovrebbe entrare in esercizio la capacità aggiuntiva di stoccaggio. Un importante canovaccio che conferma come l’ampliamento delle capacità nelle concessioni vigenti sia subordinato alla sovrappressione (autorizzata con il Decreto Legislativo n.130 del 13 agosto 2010).
Come constatato da Altreconomia nel corso di un viaggio che ha avuto inizio l’anno scorso nei territori interessati dai progetti, quello della sovrappressione continua – nonostante le rassicurazioni degli operatori – ad essere motivo di preoccupazione per i cittadini ed per alcuni amministratori locali.
Sotto la lente di ingrandimento sempre la famosa prescrizione del ministero dell’Ambiente sulla sismicità indotta contenuta nella Valutazione d’impatto ambientale positiva per il progetto di Sergnano, in provincia di Cremona.
Ed è proprio da Sergnano che è partita la corsa verso la soglia dei 19.928 milioni di metri cubi di gas da stoccare. Che poi, in realtà, potrebbero essere quasi 24 miliardi di metri cubi  con l’inizio delle attività nei campi di stoccaggio di “San Potito e Cotignola” (Edison Stoccaggi / Blugas infrastrutture) e “Cornegliano” (Ital Gas Storage), rispettivamente in Emilia Romagna e Lombardia, regioni nodali nella mappa dell’”Italia degli stoccaggi”.
Gli incrementi significativi – grazie alla sovrappressione – avverranno infatti per “Minerbio stoccaggio” (da 2.658 milioni di metri cubi a 2.922 milioni di metri cubi), “Ripalta stoccaggio”, “Sabbioncello Stoccaggio”, “Settala Stoccaggio” e “Fiume Treste”, in Abruzzo, che con una capacità di stoccaggio attuale pari a 4.605 milioni di metri cubi resterebbe il campo più grande d’Italia.
Qui l’incremento potrebbe essere di 1.607 milioni di metri cubi. Il presente piano avrebbe un “costo totale, a vita intera, la cui stima è suscettibile di variazioni legate ad attività realizzative ed al prezzo di acquisto del cushion gas” di 1.852 milioni di euro. Quasi due miliardi di euro di investimenti, di cui 566 milioni ipotizzati per il solo progetto di Bordolano, dove – come più volte raccontato – i lavori proseguono senza sosta. Quella di Bordolano è una concessione rilasciata ad Eni nel 2001 e ricadente nell’ambito della concessione di coltivazione "Cignone", sempre dell’Eni, nella quale dal 1984 al 2000 sono stati estratti poco più di 1 miliardo e 200 milioni di metri cubi di gas.
Nel 2003 la concessione di stoccaggio passa a Stogit, che nel 2007 chiede l’approvazione di un nuovo programma di lavori. Nel 2009 ottiene le autorizzazioni ministeriali. Favorevoli al progetto Provincia di Cremona, Comune di Bordolano e Regione Lombardia che rilascia, nel 2011, l’intesa definitiva. Contrario il Coordinamento dei comitati ambientalisti della Lombardia che con un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, contro i ministeri dell’Ambiente, dello Sviluppo economico, dei Beni Culturali e a Regione Lombardia, chiedono l’annullamento del Decreto 28 dicembre 2011 recante proprio l’approvazione della variazione del programma di lavori della concessione “Bordolano stoccaggio”, perché ritenuto illegittimo.

Ad oggi, la situazione che emerge sul territorio di Bordolano – un comune di appena 567 abitanti – racconta di un territorio soggetto a vincolo per i prossimi 40 anni ed oltre, dal rischio di veder transitare fino a 100 tir al giorno per 100 giorni – come temono i residenti – dalla perforazione di nuovi 7 pozzi, dalla realizzazione di una centrale di compressione a poche centinaia di metri da un’azienda agrituristica, dalla quale osservare il paesaggio che muterà sensibilmente fa un certo effetto. Tutto per arrivare a stoccare 1 miliardo e 200 milioni di metri cubi di gas. “Il Piano di Governo del Territorio – sottolinea Salviamo il paesaggio del cremonese – non riporta alcuna fascia di rispetto per tali impianti, classificati come soggetti a “Rischio di Incidente Rilevante” (Direttiva Seveso, ndr), non prendendo in considerazione i possibili conflitti tra le attività di stoccaggio del gas e le altre attività presenti nelle immediate vicinanze (agricola, agrituristica e zootecnica), oltre che le necessità di tutela delle aree ricomprese nel Parco Oglio Nord, il cui confine è situato a circa 50 metri dagli impianti”. E c’è qualcuno che ricorda ancora l’incendio che interessò un pozzo del giacimento sotterraneo di metano proprio a Bordolano. Il pozzo bruciò per 3 settimane e la Domenica del Corriere del 27 aprile 1952 raccontava che “il fuoco spento col fuoco. Sotto la direzione di un tecnico americano specializzato, Michael Myron Kinley, è stato stroncato, per mezzo di una carica di tritolo fatta esplodere a filo del terreno, il pauroso incendio del pozzo di metano a Bordolano (Cremona) che da venticinque giorni proiettava al cielo una tonante fiamma alta circa cento metri”.
Campagna Nazionale del Dipartimento di Protezione Civile

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